Le problematiche applicative delle clausole sociali previste nelle gare di appalto

Le clausole sociali negli appalti.

 

Ricorre spesso nei bandi di appalto un articolo che viene denominato “clausola sociale” e che impone la riassunzione del personale impiegato nel precedente bando di appalto. Quali sono le problematiche applicative? Quali le conseguenze in caso di sua inosservanza?

 

Il Codice degli appalti, all’art. 50, prevede che le stazioni appaltanti inseriscano nei bandi e nelle lettere di invito “nel rispetto dei Principi dell’Unione Europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione, da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 81/2015”.

L’art. 50 a sua volta riprende il principio generale dell’articolo 3 del Codice dei Contratti che definisce le clausole sociali come  le “disposizioni che impongono a un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e del lavoro come condizioni per svolgere attività economiche in appalto o in concessione”.

 

Fino a che punto è vincolante questo questa disposizione?

La risposta non è univoca.

Facciamo una rapida carrellata basandoci sulla giurisprudenza amministrativa in materia e sulle direttive (non vincolanti) emanate dalla Autorità Nazionale Anticorruzione nel febbraio 2019.

Chiariamo in primo luogo che il Consiglio di Stato ha stabilito in più occasioni che la clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale, risultando altrimenti lesiva della concorrenza, disincentivando la partecipazione alla gara e limitando la platea dei partecipanti.

Il riferimento è alla libertà di impresa riconosciuta e garantita dall’articolo 41 della Costituzione.

Ne consegue che l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione aziendale prescelta dall’imprenditore.

Quindi come primo principio generale (e con le precisazioni che ora vedremo) non vi è un obbligo indiscriminato e generalizzato di assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente.

 

La stazione appaltante deve sempre inserire la clausola nei contratti di appalto?

La disposizione si applicherà sempre  ai servizi ad alta intensità di manodopera (cioè quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto)

Non la si troverà nel caso di appalti e concessioni di lavori e servizi di natura intellettuale (ad esempio quando l’appaltatore insieme ad attività materiali sia chiamato a fornire pareri che richiedano una specifica e qualificata competenza professionale prevalente rispetto alle attività materiali) né negli appalti di fornitura e in quelli di natura occasionale.

Negli altri casi l’inserimento della clausola rimane una facoltà della stazione appaltante e non un obbligo.

Nell’ipotesi in cui l’oggetto del contratto comprenda in modo inscindibile sia prestazioni afferenti l’attività assoggettata all’obbligo di previsione della clausola sociale, sia prestazione non soggetta, la clausola si applicherà limitatamente alle attività ricadenti nel obbligo di previsione della stessa.

L’ipotesi del riassorbimento non si applicherà invece al personale utilizzato nel contratto cessato da parte delle imprese subappaltatrici.

Altro limite sta nel fatto che il nuovo contratto dovrà essere oggettivamente analogo a quella in essere. Quindi se il contratto successivo presenta caratteristiche peculiari o diversità di prestazioni, la clausola sociale non si applicherà.

Nel caso poi in cui il nuovo appalto preveda l’utilizzo di un numero inferiori di prestazioni, va da sé che l’obbligo di assorbimento sarà limitato entro le nuove necessità operative e ovviamente con le necessità di personale.

 

Cosa accade nell’ipotesi in cui il Contratto Collettivo Nazionale dell’impresa subentrante preveda espressamente la clausola sociale?

Come il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare, un vincolo più stringente è previsto nel caso in cui la successione tra imprese, ai fini sociali, sia già prevista dai CCNL cui aderiscono le imprese del settore oggetto dell’appalto.

In tale ipotesi le disposizioni previste dal CCNL prevarranno su quelle eventualmente previste dalla clausole inserita nel bando e, addirittura, quanto disposto dal CCNL dovrà essere osservato anche in assenza della clausola sociale nel bando stesso.

Ciò perché “il contratto collettivo rappresenta un assetto complessivo dei rapporti di lavoro che le parti, ovvero i sindacati e le associazioni datoriali, hanno ritenuto conforme ai rispettivi interessi e, come tale, dal punto di vista del datore di lavoro, esso è parte dell’organizzazione di impresa da lui prescelta”.

 

Quanti saranno i dipendenti da riassorbire?

Secondo l’Autorità Anticorruzione si è ritenuto opportuno prevedere che, ai fini dell’applicazione della clausola, si considera di regola quale riferimento numerico quello del personale dell’impresa uscente  impiegato nei sei mesi precedenti la data di indizione della nuova procedura di affidamento.

 

Quali sono gli obblighi della stazione appaltante in relazione all’obbligo di riassorbimento?

La stazione appaltante dovrà indicare i dati inerenti il personale soggetto all’applicazione della clausola medesima anche perché questo costituisce un indubbio riferimento per formulare una offerta corretta e consapevole da parte dei partecipanti alla gara.

Il Consiglio di Stato ha stabilito quindi che il bando deve indicare gli elementi rilevanti per la formulazione dell’offerta nel rispetto della clausola sociale. Sia la stazione appaltante che l’operatore uscente saranno tenuti a comunicare i dati ulteriori eventualmente richiesti dai soggetti interessati.

Sarà dunque opportuno che già con l’offerta del concorrente venga richiesto anche il progetto di assorbimento e le modalità con cui si intende dare attuazione alla clausola sociale.

 

Quale contratto collettivo andrà applicato? Quello scelto dalla impresa subentrante oppure questa sarà tenuta ad applicare contratto collettivo già applicato per i lavoratori che andrà assorbire?

L’orientamento prevalente è che l’impresa subentrante può applicare il CCNL di suo gradimento fatta salva la coerenza con l’oggetto dell’attività affidata dalla stazione appaltante.

E’ escluso  invece che debba essere automaticamente applicato il CCNL dell’assuntore uscente..

Il cosiddetto contratto leader (cioè quello sottoscritto delle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) non viene imposto tout court all’impresa concorrente ma rappresenta comunque lo standard minimo di legge quale parametro esterno di commisurazione.

In concreto il meccanismo dovrebbe essere il seguente: le stazioni appaltanti indicano nella documentazione di gara il contratto collettivo applicabile in ragione dell’attività prevalente oggetto del contratto di appalto o concessione; l’operatore subentrante è libero di applicare la clausola sociale prevista dal CCNL da lui prescelto per la propria organizzazione aziendale e comunque sarà tenuto ad assicurare il rispetto della clausola sociale previsto dal CCNL leader .

 

Quali sono le conseguenze nel caso di mancata applicazione della clausola sociale?

Abbiamo visto che alla luce dei principi generali, anche costituzionali, una disposizione contrattuale come quella in esame – di carattere sociale e che è posta a tutela della stabilità occupazione - deve essere armonizzata con la libertà di iniziativa economica privata.     

Dunque non sarebbe ammissibile che un’impresa concorrente rifiutasse senza giustificato motivo di accettare la clausola: in tal caso si imporrebbe senz’altro l’esclusione dalla gara.

Viceversa l’operatore economico può rifiutare l’applicazione della clausola, eventualmente anche solo in parte, quando ciò sia – sulla base di ragioni oggettive e comprovabili- incompatibile con la propria organizzazione d’impresa, ad esempio nel caso di proprio personale già in esubero o comunque presente in misura adeguata oppure quando l'impresa subentrante ritenga di potere ragionevolmente svolgere il servizio utilizzando una minore componente di lavoro rispetto al precedente gestore, e dunque ottenendo in questo modo economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento o ancora nell’ipotesi in cui sia necessario disporre di personale di particolare qualificazione.