La Corte Costituzionale: in caso di modifica di imputazione durante il dibattimento l’imputato può chiedere di essere messo alla prova.

 

Con sentenza n. 14 del 16 gennaio 2020 la Consulta ha ribadito il principio – usiamo proprio le parole della Corte – “secondo il quale la scelta dei riti alternativi da parte dell’imputato costituisce una delle più qualificanti espressioni del suo diritto di difesa“.

In concreto il tribunale di Grosseto chiedeva l’intervento della Corte Costituzionale in una vicenda in cui ad una persona, originariamente tratto a giudizio per il reato di ricettazione, veniva contestato durante il dibattimento il diverso reato di furto.

 

 

L’imputato, tramite il proprio difensore, chiedeva di essere messo alla prova o in subordine che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale, sulla scorta del diverso trattamento sanzionatorio tra il furto in abitazione e la ricettazione. Come è noto infatti nel furto in abitazione non è consentita la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena, beneficio ammissibile invece per la ricettazione e dunque, di fatto, con la modifica del capo di imputazione veniva leso il diritto di difesa.

Il Giudice faceva propria la questione e la rimetteva alla Corte sul presupposto della violazione dell’articolo articolo 24 della Costituzione nonché dell’articolo 3.

In particolare per quanto riguarda l’art. 24, il Giudice rimettente sottolineava il vulnus che derivava, nel caso in questione, dall’impossibilità di accedere ad un rito alternativo, mentre per quanto concerne l’art. 3  il punto di comparazione era dato dalla precedente pronunzia della Corte Costituzionale (la n. 141/2018) che già in precedenza si era pronunciata per l’illegittimità dell’articolo 517 cpp nell’ipotesi in cui non ammetteva l’imputato alla possibilità di chiedere la messa alla prova qualora fosse stata contestata una nuova circostanza aggravante in corso di dibattimento.

E la Consulta non ha avuto dubbi nell’accogliere la questione di legittimità sollevata dal tribunale di Grosseto, ammettendo dunque che in caso di modifica di imputazione durante il dibattimento l’imputato possa chiedere la sospensione del processo per essere messo alla prova.

Degno di nota anche il fatto che, nella motivazione, la Corte sottolinea espressamente che tale facoltà può essere esercitata dall’imputato in ogni caso di modifica dell’imputazione, sia che la contestazione concerna un fatto già risultante dagli atti d’ indagine, sia che la modifica dell’imputazione sia conseguenza di negligenza del Pubblico Ministero che abbia formulato un’ipotesi accusatoria inadeguata.

La pronuncia in esame si inserisce nel filone della giurisprudenza costituzionale, ormai consolidato, che sempre più allarga gli spazi di fruizione dei riti alternativi da parte dell’imputato.