Dipendenti pubblici assenteisti: no all’automatismo del risarcimento per danno di immagine alla Pubblica Amministrazione

È illegittima la norma che dispone a carico del dipendente pubblico infedele un risarcimento minimo di sei mensilità dello stipendio per danno di immagine.

L’art. 55 quater del d. L.vo 165/ 2001 prevede infatti che un pubblico dipendente che sia assenteista e che sia sanzionato disciplinarmente (quelli che giornalisticamente sono stati definiti i furbetti del cartellino) venga anche condannato al risarcimento del danno patrimoniale pari alla retribuzione indebitamente percepita a fronte di mancata esecuzione della prestazione. La norma prevede(va) inoltre che il medesimo dovesse risarcire il pregiudizio arrecato all’immagine della pubblica amministrazione di appartenenza, per un ammontare  pari almeno a sei mesi di retribuzione.

Nel caso specifico Corte dei Conti dell’Umbria giudicava la vicenda di una donna, dipendente pubblico, accusata di aver falsamente attestato la propria presenza in servizio per 4 giorni consecutivi fino alle ore 18 mentre realtà la stessa era rimasta in ufficio e quindi aveva prestato attività lavorativa fino alle ore 17.

Per tale ragione la dipendente veniva condannata alla restituzione di quanto indebitamente percepito, pari ad euro 64,81. Il procuratore presso la Corte dei Conti chiedeva anche la condanna della stessa ad un risarcimento per l’importo di euro 20.000 per danno d’immagine alla pubblica amministrazione di appartenenza. Tale somma era calcolata appunto, secondo quanto disposto dalla norma oggi dichiarata illegittima, in un importo pari almeno a 6 mesi di retribuzione.

La Corte dei Conti dell’Umbria sollevava quindi sul punto questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega.

In sostanza qual era il problema? Nell’ambito delle norme in materia di procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti, il legislatore delegante con legge 124/2015 aveva dato mandato al Governo di emettere una norma finalizzata a velocizzare e rendere concreto il procedimento disciplinare a carico dei pubblici dipendenti.

Ma, come ha sottolineato la Corte Costituzionale in questa pronuncia (Sent. n. 61 pubblicata il 10 aprile 2020), la delega si riferiva semplicemente ad accelerare e rendere certi i tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare non già ad introdurre nuove fattispecie sanzionatorie.

Il legislatore delegato, invece, introducendo l’obbligo da parte della Procura generale della Corte dei Conti di aprire un fascicolo per danno d immagine a carico del dipendente sanzionato disciplinarmente e stabilendo che il risarcimento – rimesso alla valutazione del giudice- non potesse essere inferiore a sei mesi di retribuzione, ha valicato i confini della delega che gli era stata concessa.

Pertanto la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il terzo il quarto e quinto periodo del comma 3 quater dell’art. 55 quater del d. l.vo 165/2001.

Quindi risarcimenti per danno di immagine sì, se vi sono le condizioni, ma nessun automatismo sia per l’accertamento del fatto che per la sua quantificazione.